Una giovane donna, dopo aver letto le mie considerazioni sulla stigmatizzazione della depressione, ha sollevato alcune perplessità che richiedono ulteriori precisazioni. In particolare mi obietta: “…ma se gli episodi di suicidio-omicidio (ed altri atti di violenza) sono compiuti prevalentemente da persone affette da disturbo bipolare spesso nella forma di stato misto…credo che anche dare questa informazione porti a stigmatizzare la malattia bipolare. A questo punto si può pensare (per chi non conosce la malattia bipolare, e sono tantissime persone) che non sarà più la depressione come spiegazione a tutti i mali e a tutta la violenza presenti nel nostro mondo, ma sarà forse il disturbo bipolare???”.

Secondo gli ultimissimi rilievi epidemiologici, i disturbi dello spettro bipolare nelle sue varie forme (dalle più gravi alle più lievi) arrivano a percentuali del 5% della popolazione. Risultano soprattutto più rappresentate le forme attenuate di disturbo bipolare, mentre per le forme a maggiore gravità sono riportate stime intorno all’1%. Nel suo insieme il disturbo risulta quindi molto frequente a fronte di atti di violenza per fortuna rari. Un articolo del 2010, pubblicato su una delle riviste di psichiatria più prestigiose (Archives of General Psychiatry, Autori Seena Fazel e coll.), mette in evidenza come i comportamenti violenti nei pazienti bipolari (3743 soggetti studiati) risultano in percentuale superiore alla popolazione non affetta (37429 soggetti studiati) solo nei casi in cui i pazienti facciano uso anche di droghe. Nessuna differenza significativa è emersa dal confronto fra pazienti bipolari senza uso di droghe e loro fratelli, non affetti dal disturbo. Questo significa che la violenza è determinata da molte variabili e dimensioni e purtroppo può essere insita nella natura umana, indipendentemente da ogni tipo di patologia psichica.

Forse è più facile e meno doloroso pensare che ogni comportamento aberrante ci è estraneo e chi lo mette in pratica deve avere qualcosa di patologicamente sbagliato nel cervello. In questo modo, oltre a non cogliere la natura reale del problema, si fa un grosso danno a chi già soffre molto per colpe non sue.

Il nostro impegno quindi deve essere costante a contrastare la tendenza diffusa a dare informazioni superficiali e grossolane in cui si evitano le necessarie differenziazioni e secondo le quali la depressione, piuttosto che il disturbo bipolare o altri disagi psichici, si associano invariabilmente al rischio di atti violenti.

PS) Nel mese di agosto, ad un TG RAI, parlando di un omicidio commesso da un uomo a danno della compagna, lo speaker ha sentito la necessità di precisare “…non sembra fosse affetto da patologia psichiatrica…”

Il Dolore Dell’anima

Incredibile come il dolore dell’anima non venga capito. Se ti becchi una pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare presto-barellieri-il-plasma, se ti rompi una gamba te la ingessano, se hai la gola infiammata ti danno le medicine. Se hai il cuore pezzi e sei così disperato che non ti riesce aprir bocca, invece, non se ne accorgono neanche. Eppure il dolore dell’anima è una malattia molto più grave della gamba rotta e della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola o da una scheggia. Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare.

Oriana Fallaci

Gentilmente segnalato da Luisa